L’impatto del Covid-19 su media e advertising online

Un’analisi dell’impatto che il Covid-19 ha avuto su media e advertising online alla vigilia della fase 2.

L’Italia si avvia verso la fase 2 dell’emergenza Covid-19, con un decreto che dal 4 maggio regolerà la vita degli italiani per le due settimane successive. Abbiamo già parlato degli effetti del Covid-19 sull’eCommerce in Italia e sulle abitudini di navigazione degli italiani in questo periodo di lockdown. Con una maggiore libertà di movimento, nel rispetto dei protocolli di sicurezza, cambieranno ancora i comportamenti degli italiani? Sicuramente la situazione è in divenire e le dinamiche possono cambiare in tempi brevi.

Un settore che sta sperimentando l’impatto del coronavirus è quello dei media e dell’advertising online, un impatto che può essere di breve periodo in quanto legato alla situazione contingente, o che può generare cambiamenti più strutturali destinati a consolidarsi a medio-lungo termine.

Nell’analisi presentata da Sensemakers al Convegno “Internet advertising: tra creatività e innovazione” dell’Osservatorio Internet Media del Politecnico di Milano, riferita ai dati relativi al tempo speso su siti e app, è emerso che confrontando la settimana del 17 febbraio (pre-crisi) con le settimane successive si nota che i social network (+69%), e le app di messaggistica (+50%) hanno registrato una crescita esponenziale, dovuta alla necessità di rimanere in comunicazione durante il lockdown.

Incrementi significativi sono stati rilevati anche per entertainment e news, così come per le notizie di carattere economico-finanziario. Ovviamente, la preoccupazione per l’impatto economico della crisi gioca un ruolo importante, mentre il settore sportivo fa segnare la decrescita più significativa a causa dell’interruzione delle attività.

Altri settori che hanno risentito pesantemente del periodo di quarantena sono il travel e l’automotive che vedono ridursi dell’80% il tempo speso online. Quest’ultima categoria è in linea con i dati dell’ultimo mese relativi alle vendite di auto, che registrano un crollo dell’85%. L’attenzione sul retail e sui siti di food e forniture alimentari, invece, è stata molto significativa, segnando picco nella fase iniziale del lockdown per poi normalizzarsi in seguito.

Pubblicità online: chi investe e chi rinuncia

Monitorando i comportamenti delle principali categorie di investitori – quali automotive, alimentari ed entertainment – tra il 17 febbraio e il 6 aprile è emersa una drastica riduzione della comunicazione da parte dei brand che operano nei settori dove l’impatto del Covid-19 è stato maggiore. In particolare, settori come turismo, fashion e abbigliamento hanno praticamente smesso di comunicare.

In questo momento di incertezza le aziende del settore finanza e assicurazioni, dovendo invece compensare lo stato di preoccupazione e garantire il supporto finanziario, hanno comunicato in maniera molto forte e in modo efficace, con campagne sui finanziamenti e sulla vicinanza alla clientela in questo momento di difficoltà.

Per quanto riguarda la comunicazione dei brand, sono emersi due fenomeni da prendere in considerazione. Da un lato, resta viva la preoccupazione delle aziende di associare il proprio brand a contenuti ansiogeni e quindi si assiste al blocco della comunicazione nei confronti dei tanti contenuti relativi all’emergenza sanitaria, sociale ed economica in corso.

Dall’altro lato, si sta verificando un fenomeno di omologazione della comunicazione pubblicitaria, con annunci molto simili fra loro che, facendo leva su valori come la casa, la famiglia o l’unità, non fanno altro che ricordarci cose che già sappiamo.

Infine, si riscontra una crescita dei branded post pubblicati su Facebook, e un crollo invece di quelli pubblicati su Instagram. Tuttavia, le piattaforme social con la maggiore audience in Italia sono accomunate da un vero e proprio crollo dell’engagement e delle interazioni.

È chiaro che di fronte a una situazione del tutto inedita, sia le persone sia le aziende non riescono a prevedere il futuro e non sanno come reagire. È altrettanto evidente che essendoci margini da tutelare e previsioni di crollo dei consumi, le aziende preferiscono tagliare i budget anziché investire in messaggi stereotipati.